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Questo è il libro perfetto per chi a Santiago, probabilmente, non ci andrà mai.

 

Booktrailer del Passo Perfetto


Però, dimentica  Santiago per un momento e immagina che domani partirai da casa tua con l’idea di arrivare in Sicilia. A piedi.


Pensa per un attimo a quante facce incontrerai, quante ringhiere di case, quante merde di cani, cadaveri di animali, odori di piante, bar, gente che ti guarda dalle auto che passano, gente che ti ferma, strade da attraversare. Se parti di mattina presto e fai circa sei chilometri all’ora senza devastarti in cinque ore ne fai 30. E trenta chilometri in un giorno anche se sei allenato li senti. Se parti da casa mia con trenta chilometri arrivi appena dopo Ferrara... A Bologna ci arrivi dopodomani verso mezzogiorno e devi attraversarla, traffico, gente che ti guarda strano come se tu col tuo bastone e la la tshirt smanicata fossi un barbone... o un pancabbestia.
 E poi hai la periferia da passare finchè inizi a salire le colline sapendo che prima di sera arriverai in quel paesino dove hai saputo che c’è un prete alternativo che forse ti darà ospitalità e potrai dormire sul segrato del patronato assieme a due homeless che non si lavano da un mese perchè appartengono a una tradizione mistica di homeless francesi (omelette in questo caso) che si lavano solo nel corso delle notti di luna piena e guarda caso la prossima luna è tra tre giorni.
 E comunque il giorno dopo le gambe iniziano a farti male e ti sono uscite un paio di vesciche che non se ne vanno se ci cammini sopra ma tu ci devi camminare sopra perchè non hai alternative. E il giorno dopo ti svegli a pezzi e sei solo all’inizio e
scopri che... piove. Quindi lo zaino, il cui contenuto ti eri misurato prima di partire per non farlo pesare più di quindici chili, inizia ad inzupparsi e a pesarne venti. Quindi tira fuori mantellina perchè non si bagnino le mutande di cambio di domani, scarpe bagnate, vai più piano del giorno prima perchè hai le vesciche che premono e ti è entrata acqua nelle scarpe che peggiora le cose per cui, cambio di programma, invece che 30 chilometri nei fai 20 e il posto dove avevi previsto di fermarti viene meno e devi trovarne uno prima che però non c’è o è pieno o chiuso. E non sei neanche al quarto giorno e sei solo.
Il giorno dopo incontri uno o una come te e ti leghi per condividere la strada e farvi vicendevolmente forza però strada facendo scopri che questo o questa è un logorroico con all’attivo una serie di problemi mentali da risolvere e che è lì perchè il suo padre spirituale che appartiene a una setta che non hai mai sentito nominare gli ha detto che per guarire deve fare questo pellegrinaggio a Napoli per chiedere aiuto a San Gennaro e questo tutto il tempo non fa altro che raccontarti la sua vita con tutti i dettagli dei problemi di sua madre, di suo padre, del fatto che è stato violentato da un diacono, che il suo cane è morto di overdose, la sua ex aveva la vaginite e parla, parla mentre tu hai male i piedi che bestemmieresti in aramaico. Insomma, il cammino che tu immaginavi fosse l’esperienza della tua vita si trasforma in un inferno e non puoi tornare indietro.
 Ecco, questo è uno dei cammini possibili molto simile a quello che è stato per me. 
E arrivare in Sicilia a piedi è lunga eh...
 Per altro, un viaggio del genere quando ero un adolescente, l’ho fatto veramente. Ero partito condizionato da uno dei miei primi eroi letterari, Jack Kerouac, di cui avevo letto On the Road. On the Road era stato scritto negli anni 50 e Kerouac era diventato il punto di riferimento della cosiddetta beat generation, assieme a Ginsberg, Ferlinghetti. 
Aveva scritto un altro libro che si intitolava I Vagabondi del Dharma che io avevo letto con soli trent’anni di ritardo dalla pubbicazione iniziando ad interessarmi di questa strana parola sanscrita che vuol dire tante cose tra cui “cammino”.
 E quindi per emulare questo mio eroe che non scriveva di fiction e viaggiava in lungo e in largo per gli stati uniti in autostop - non avevo ancora quindici anni, avevo appena finito la prima superiore - e con la scusa di andare a trovare un amico sono partito a piedi per arrivare in autostop fino in sicilia.
Sono entrato in autostrada e vicino al cartello no autostop ho messo fuori il dito.
Questa storia la racconto su Te Lucis, il terzo della serie, ed è stato il mio primo vero cammino, quello che nel medioevo chiamavano “la cerca”.
 Gente tipo San Francesco era partito per la cerca solo che in quel caso il più delle volte era una guerra.
La mia invece più che altro è stata una guerra a farmi caricare dalle auto.


 

Per concludere, è chiaro che gli argomenti di mio interesse riguardano il cammino come simbolo, come metodologia di ricerca che rappresenta il nostro passaggio nella vita.
Santiago è un simbolo, un concentrato di esperienze umane, psicologiche, evolutive, fallimentari, relazionali, un concentrato di un mese che rappresenta l’esistenza stessa, nel senso che in quel mese ridi, piangi, stai male, stai bene, muori, rinasci, trovi l’amore, lo perdi, piangi, ridi, decidi, sei succube, santo, dannato, illuminato, liberato, per sempre.
Andare a Santiago ti marchia. Anche andare in Sicilia a piedi ti marchia, ma tra i due cammini ci sono delle differenze che troverai nelle pagine di questo e dell’altro libro.  Una cosa è certa, il Cammino è un concentrato di polpa di esistenza, una passata di pomodoro di vita. E il mio libro il Passo Perfetto, è il barattolo che lo contiene.


Se sei allergico al pomodoro lascia perdere.


Ma se ti piace la pasta o pizza ...

 

Non c'è nessun posto dove arrivare

E comunque ci si arriva lo stesso
 

 

Nicola Artuso

Il Passo Perfetto - Cammino di Santiago

€ 12,00Prezzo
  • RECENSIONE DI GIOVANNI GARUFI BOZZA

     

    Prendi un campione di umani(…) Mettili nel Cammino di Santiago de Compostale, con dieci chili sulle spalle e la consegna di camminare. Camminare e basta (…) Troverai che nel giro di un paio di giorni tutte le convinzioni che avevano, prima di mettersi in marcia crolleranno come donne (…) Troverai che diventeranno uomini e donne, solamente. (…) E scoprirai anche che, dopo dieci giorni fi cammino, non sono più quelli che erano prima. Ma altri.


    Caro Visitatore,
    Il libro che ti presento oggi rientrerà certamente nella top ten dei libri più belli letti nel 2015. Si intitola Il passo perfetto. Cammino di Santiago, ed è stato scritto da Nicola Artuso.
    Prima di tutto devo confessare che ha tradito tutte le aspettative negative che avevo riposto in esso. Quando lo ricevetti a casa dalle edizioni Il prato, pensai a un errore. Ero in attesa di un altro libro e mi era arrivato questo (non ricordandomi minimamente di essermi accordato con due collaboratrici diverse della stessa casa editrice per due testi diversi, ma questa è un'altra storia...).
    Così come si presentava , con la copertina gialla con cenni di rosso (i colori che associavo alla giornata mondiale della gioventù di Madrid) e con il palese riferimento al cammino di Santiago, mi dava l'idea di essere un polpettone spiritual cattolico, di trecento e passa pagine. Una roba forse interessante, ma tediosa da morire.
    Mi sono bastate tre pagine per capire il mio errore, e mi sono legato completamente al libro. Tanto per citare Artuso, una delle mie menti si è legata al suo testo, attendendo l'intera giornata per tornare a leggerlo ogni sera.
    È la ricerca del passo perfetto  (Il Passo Perfetto esiste e sta a metà strada tra il movimento e la sua assenza. Il Passo Perfetto è la via di mezzo tra l'andare e il venire dei flussi), è il diario di bordo di un viaggio iniziato quasi per caso, con motivazioni che si scopriranno essere anche più profonde di quanto lo stesso Artuso fosse inizalmente cosciente.
    Nonostante l'ateismo di Nicola (Signore, grazie di avermi fatto ateo) c'è una spiritualità profonda che lega oriente e occidente, che in alcuni passaggi va nel profondo del narratore e dell'umanità, alla ricerca di un senso al cammino di Santiago, che diventa indirettamente suggestiva metafora del cammino di vita. Un cammino fatto di solitudine e di incontri, ciascuno dei quali cambia la vita, un cammino fatto di nascita , crescita e morte (Deve succede per forza qualcosa una volta arrivati lì sopra altrimenti che senso avrebbe tutto ciò? Ma il bello di tutta la questione è che puoi verificarlo. Se ci arrivi, puoi verificare).
    La visione di uomo che ne esce è splendida.
    I collegamenti che sono riuscito a fare con la bioenergetica, con lo Yoga e con  la mindfullness mi hanno detto tanto del pensiero di Artuso.
    Il ritmo narrativo è incalzante , somiglia al ritmo del passo da tenere per concludere il cammino, fa scomparire "la fatica" dei tanti chilometri (ovvero delle tante pagine) da attraversare.
    C'è chi ha definito lo stile di Artuso umoristico, ma non sono d'accordo. Il testo è, sì, pregno di umorismo tipico del nord Italia, ma vedere solo i sorrisi è limitante. Mi piace definirlo un libro emotivo, capace di far ridere e di commuovere, di meravigliare nell'incanto dei paesaggi e di far innervosire. Perché è lo stesso narratore che si dà la libertà di ridere, di piangere e di innervosirsi.
    E dona, di conseguenza, la stessa libertà al lettore, che pur non essendo mai citato nel testo, diventa compagno di viaggio prediletto di Nicola Artuso. O, almeno, io mi sono sentito così. ;)
    Una resa splendida.
    Da sottolineare la meditazione (credo propria dello Yoga) delle ultime pagine, un vero e proprio inno all'armonia.
    Fatta eccezione per qualche raro refuso (e un "ma però" nelle ultime pagine che mi ha fatto contorcere lo stomaco), non ho nulla da criticare a questo libro, davvero consigliato a chi voglia mettersi in viaggio, camminare, e dunque riflettere sulla vita. Ottimo libro.
    Buon cammino, peregrino!

    
Utreya!

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